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Dracula all' Ikea di Scampia!


Un regalo per tutte voi!
Attenzione e' un Urban Fantasy!!!!!

Premessa ( di Stefania Auci)

L'idea di Dracula all'Ikea di Scampia nasce da una battuta di una editor presente al Wff 2009 di Matera. La signora Meciani, durante una conferenza, spiegò che tre erano stati i successi editoriali degli ultimi anni: la trilogia Millennium di Stieg Larsson, la saga di Twilight e Gomorra di Antonio Saviano.
"Per realizzare il successo editoriale perfetto"aveva aggiunto a chiusura del suo intervento "sarebbe l'ideale un libro di vampiri con ambientazione svedese scritto da un giornalista d'assalto e ho già in mente il titolo: Dracula all'Ikea di Scampia."
Quest'idea, provocatoria e paradossale, ha messo radici nel magazzino della creatività ed è saltata fuori all'improvviso.


E' necessario precisare alcuni particolari: il racconto vuole essere un divertissement, qualcosa di ironico e gioioso e come tale va letto. Innanzi tutto, il nome del protagonista del racconto, Michele Blommo, è un esplicito richiamo a Mikael Bloomkvist, giornalista d'assalto protagonista dei romanzi di Larsson, come pure il brve accenno di Concetta Salandra, disegnata per antitesi rispetto a Lisbeth Salander (Uomini che odiano le donne, La ragazza che giocava con il fuoco e La regina dei castelli di carta); l'uomo lavora in una rivista chiamata Millennium, che nel caso del mio racconto diventa Il Centenario.
Altro aggancio: il gruppo di pallidi ragazzi che girano per Scampia è un richiamo alle pagine iniziali di Twilight e al gruppo dei Cullen; infine, alcuni toni giornalistici disseminati qui e là richiamano il forte libro-inchiesta di Saviano.
Quanto a Dracula, ho lasciato mano libera alla fantasia, pescando sempre nei Topoi del genere.
E' stato divertente scrivere questo racconto, ve lo assicuro. UN grazie special alle mie Beta, anche e sopratutto per la consulenza linguistica sulle battute in napoletano.



Buona lettura.
Stefania Auci
P.s. Per leggere il racconto per intero basta cliccare "CONTINUA A LEGGERE" , situato proprio qui sotto :))





DRACULA ALL’IKEA DI SCAMPIA.


Qualcuno ha detto che fare il giornalista è un mestiere come un altro. Beh, scordatevelo. È una solenne vaccata. Ovvero: se volete stare dietro una scrivania a fare i necrologi, potete star certi che non vi succederà niente di male; ma se scegliete di scendere in strada e guardarvi attorno, di certo pesterete qualche cacca. Se poi decidete di andarvele a cercare, le notizie, potete star certi che, prima o poi, vi troverete con il collo sotto una mannaia.
È più o meno quello che è successo a Michele Blommo, un giornalista di un mensile di Napoli, il Centenario. Il nostro Blommo era un cinquantenne con la pancetta, un filo di calvizie, eredità del padre impiegato del catasto, e la vocazione insoddisfatta di sciupa femmine. Nessuna o quasi delle sue conoscenze femminili era caduta vittima del fascino dell’uomo di mezza età e così, lui doveva accontentarsi della moglie Marisa e delle due figlie Tatiana e Jessica come esponenti a lui devote dell’universo femminile.
Nonostante le sue insoddisfazioni personali, Michele Blommo era e rimaneva un bravo giornalista. Si era fatto le ossa nel “Il Mattino” come cronista di nera e aveva portato la sua professionalità al Centenario, convinto che il giornalismo d’inchiesta dovesse far qualcosa di più che far fotografie a morti ammazzati stesi sotto un telo.
A distanza di dieci anni, Blommo però si trovava sempre a scrivere di cadaveri stesi in qualche cortile di Barra, Scampia e Portici.
Così, quando uno degli informatori, Giovannino Scafisi detto ‘O cane muorto, piccolo spacciatore, lo aveva chiamato alla redazione semideserta di Centenario, aveva drizzato le antenne. Il suo istinto di cacciatore di notizie si era mosso tra il petto e lo stomaco, mescolandosi al discreto appetito che stava montando in vista del pranzo.
“Come? Ragazzini che spariscono a Scampia? Giovannì, ma che dici?”
“Seeee, Blommo… Stamme a ssentì : ce stà ‘nu grupp ‘e rumen , c’ abbitn da n’ appartament re’ Vele. Stann chius tutt’ a jurnat, poi ‘a ser escn… marò, ch’ facc c’a ten’n! Bianche! Parn’ tanti muort…”
“E allora? Chè, se uno sta chiuso a casa sua fa reato, Giovannino?”
“No, Michelì…chisti qua so’ stran… ma stran assaje! so’ tutt bianc, comm ‘e muort… Escn ‘e nott cu chill’ uocchi scpiritat c’hanno e vann aret all’Ikea, tjen present? A fabbric ‘e mobbili c’ t’ fà ascì l’ uocchi ‘a fuori pe’ capì comme s’ montan, mannaggia all’anima…”
“Buono, buono! Lo so dov’è l’Ikea” lo bloccò il giornalista, passandosi la mano davanti alla fronte. Discutere con ‘O cane muorto era come parlare a sua zia Titina, una novantenne colpita dall’Alzahaimer... ma almeno sua zia si sforzava di parlare in maniera comprensibile.
“Raccontami tutto con calma, Giovannì. Dammi l’indirizzo preciso e vediamo di capire che fanno ‘sti romeni…”
Blommo afferrò una matita e scrisse le indicazioni su un tovagliolo oleoso della tavola calda che si trovava lì, sulla scrivania ingombra di carte, poi chiuse la conversazione. Rimase in silenzio a fissare il foglio: si trattava della porta posteriore del magazzino di Ikea.
Un gruppo di ragazzini romeni. Che agivano al buio, agganciando altri giovani. Li portavano nella loro casa e questi puff… sparivano. Traffico di organi? Droga? Poteva essere di tutto in quell’isola di disperazione e brutalità che erano le Vele. Scampia era il paradiso degli spacciatori di droga e dei trafficanti di armi, dove non esisteva che una legge: quella del più forte.
C’era solo un modo per capirlo.
Andare a mangiare.
A stomaco pieno, Michele Blommo ragionava meglio. Tornò su dalla tavola calda tenendo nella mano un caffè per la sua collega Concetta Salandra, sua vicina di scrivania. La ragazza, più larga che alta, era conosciuta per il suo talento nel riuscire a parlare con chiunque e riuscire a cavare un’informazione anche da un camorrista irriducibile colpito da paresi facciale. Con trenta chili in meno e un po’ di charme in più sarebbe stata una perfetta P.R., tuttavia, la vita aveva deciso diversamente.
“Cettina, tesoro, ho bisogno di un favore” esordì Blommo, appoggiandosi alla sua scrivania. Fece appena in tempo a vedere sul pc le immagini di un attore famoso quasi senza veli, prima che la collega richiamasse sul desktop una pagina di Word.
“Sìììì?” Flautò Concetta.
Ecco. Quella era l’unica collega su cui Blommo esercitava il suo peccaminoso fascino di maschio cacciatore. Peccato che la prospettiva di una relazione sessuale con lei si sarebbe tradotta in una sicura ernia del disco.
“Una mia fonte mi ha segnalato una strana storia di sparizione di ragazzi nella zona dietro Ikea, a Scampia. Sei in grado di sapere se la Polizia o i Caramba hanno avviato qualche accertamento?”
Concetta si alzò dalla sedia, annuendo. “Ci penso io. Piglio l’appuntamento con il brigadiere Esposito e vado a vedere.”
Tornato alla sua postazione, il giornalista scoprì con disappunto che l’olio di cui era intriso il tovagliolino aveva cancellato l’indirizzo. Che cosa strana! Di solito, l’olio non arrivava fino al bordo del tovagliolo. Lui aveva centinaia di appunti presi su cartine sporche, disseminati tra cassetti e folder. Ebbe un brivido, mentre la pizza con i friarielli risaliva, acida, su per la gola.
Cosa poteva significare questo?


Quella stessa sera, Michele Blommo approfittò della riunione del circolo dell’Azione Cattolica di cui faceva parte sua moglie per condurre la sua indagine. Depositate Tatiana e Jessica da un’amica, si fermò in un chiosco a prendere un thermos di caffè e due pacchetti di Pringles, poi andò in farmacia per comprare una confezione di Maalox.
Con queste scorte di prima necessità, si addentrò per le strade di Scampia. Un brivido iniziò a serpeggiargli su e giù per la schiena. Lui non era di quel quartiere. O cane muorto si era categoricamente rifiutato di accompagnarlo e adesso lui si muoveva come un bersaglio fosforescente in quella terra di nessuno. Persino la sua Fiat Panda blu sbiadito dell’ottantasei sembrava attirare l’attenzione. Certo, il fatto che la marmitta si fosse staccata non aiutava…
Prima tappa fu la Vela numero due. All’ottavo piano, secondo le informazioni passate dalla sua fonte, si trovava un appartamento dalle finestre murate, con la porta blindata.
Blommo puntò lo sguardo verso le assi di legno che impedivano l’entrata di luce e aria, mentre un gruppetto di adolescenti, passava a bordo di scooter sfiorando il suo sportello.
Perché qualcuno vorrebbe chiudersi in questo modo dentro una stanza, come sepolti vivi? pensò. Niente aria, niente luce. E certo, che avevano qualcosa da nascondere!
Fermi sotto il porticato imbrattato da scritte e graffiti, alcuni uomini con il volto coperto da cappucci delle felpe gli scoccarono delle occhiate minacciose, divise in parti uguali tra curiosità e intimidazione. Blommo si chinò sul volante e fece finta di fare una telefonata, poi rimise in moto la Panda con un colpo di tosse rantolante, pronto a partire nel caso in cui avesse dovuto darsela a gambe.
Quando alzò gli occhi, vide un gruppo compatto di persone venir fuori da uno dei buchi nel muro che fungeva da ingresso nella Vela. Alla luce della luna e dell’unico lampione rimasto integro nella strada notò subito i loro volti. E rimase di sasso.
Pallidi. Bianchi come il gesso, per essere ancora più esatti. Erano tutti molto giovani, due ragazzi e tre ragazze. Si muovevano con lentezza e, nello stesso tempo, con una grazia innaturale. Gli uomini di guardia li fecero passare, scostandosi di scatto al loro passaggio, come se non volessero aver nulla a che fare con loro.
Possibile? Si chiese Blommo. Quelli che facevano i pali non erano certo mammolette, eppure sembrava che avessero paura… sì, paura di quel branco di scugnizzi.
I cinque si diressero compatti verso un Suv Bmw nero,un X5 nuovo di zecca, parcheggiato a poca distanza dalla sua Panda.
Questo particolare fu come una sberla per il giornalista. Una Bmw nuova che nessuno aveva tentato di forzare o rubare significava solo una cosa: che quei ragazzi erano parte di una qualche banda di rumeni che aveva trovato un accordo con la camorra. Nessuno avrebbe mai toccato un’auto del genere, se apparteneva a un membro dei clan o a un loro protetto.
La Bmw partì sgommando e la Panda arrancando, tentò di stargli dietro. Quelli guidavano come dannati, senza rispettare neanche l’anarchia stradale che contraddistingueva la periferia di Napoli; Blommo, dopo i primi due chilometri dovette arrendersi, lasciando rifiatare il motore. Arrivò al retro del magazzino Ikea dopo circa quindici minuti.
Notò subito la Bmw ferma nel piazzale del parcheggio: aveva i fari accesi, gli sportelli aperti, musica ad alto volume. I cinque erano scesi dalla vettura e adesso stavano parlando con una coppia di ragazzini, più o meno della loro età.
Nascose la macchina dietro un cumulo di spazzatura e, a passo felpato, si spostò fino al muretto che circondava il parcheggio. Da lì, la visuale era migliore. Aguzzò lo sguardo e strinse gli occhi, poi si tastò la giacca e masticò una maledizione quando si rese conto di aver lasciato a casa gli occhiali per la miopia. I romeni rimasero a parlottare fino a che uno di loro, uno dei due maschi, non girò attorno alla coppia di ragazzi. Sembrava considerarli, quasi valutarli.
Quando li colpì alla nuca, Blommo non riuscì a trattenere un grido. I due si erano accasciati a terra, immobili. E lui si ritrovò cinque paia di occhi puntati addosso.
“Ommadonnabelladelcarminello….” Mormorò, arretrando. D’improvviso, quegli occhi si erano fatti rossi. I cinque ragazzi si mossero, venendo verso di lui, prima a rallentatore poi sempre più veloci fino a essere ombre.
Blommo incespicò, si rialzò e corse verso la Panda. Era terrorizzato. Non sapeva cosa stesse succedendo eppure qualcosa di strano era avvenuto. Strano, pericoloso e, gli urlava il suo istinto, anormale. Le sue mani tremavano tanto che le chiavi dell’auto gli caddero di mano. Scattò per afferrarle quando una costosa scarpa di ginnastica gli schiacciò le dita, facendolo urlare di dolore.
Alzò gli occhi. Una ragazza bianchissima, con occhi scintillanti come rubini lo stava fissando, divertita. Teneva la testa inclinata da un lato e lo studiava. I suoi capelli scuri, lunghi e sottili, scivolavano sulle sue spalle, nascondendo a Blommo la vista del cielo nero.
“Io non ho visto niente, non so niente e mi trovavo a passare di qua per caso…” dichiarò immediatamente il giornalista, cercando di tirar fuori la mano da sotto il piede. La ragazza sorrise lentamente, scuotendo la testa: aveva l’aria di spassarsela un mondo.
“Bugiardo” sussurrò, con un leggero accento dell’est europeo.
Blommo non ebbe il coraggio di rispondere. I suoi denti… i denti di quella ragazza erano… strani… erano lunghi, e bianchi e aveva le zanne e non poteva essere…
Qualcuno alle sue spalle lo prese per la collottola e gli assestò una zuccata in testa. L’ultima cosa che il giornalista vide, fu quel sorriso bestiale.

*************

Avete presente il risveglio dall’anestesia? Tutto attorno a voi è confuso. I suoni vanno e vengono, le immagini sono intermittenti, quasi provenissero da una trasmissione disturbata. E avete la testa piena di vento, la bocca impastata, le palpebre pesanti come saracinesche.
Questo era lo stato di Michele Blommo al suo risveglio. Tentò, a fatica, di restare con gli occhi aperti ma si sentiva troppo debole; con lentezza, alzò una mano e tentò di sfiorarsi il cranio. Una fitta di dolore lancinante arrivò diretta sino al midollo, facendogli ricadere il braccio penzoloni.
“Benvenuto tra noi… signore.”
Una voce maschile, roca. Un marcato accento dell’Est Europa.
Michele ordinò ai suoi occhi di restare aperti e, per una volta, quelli gli ubbidirono. Si trovava in una stanza illuminata solo da un lume a petrolio, con le pareti coperte da una tappezzeria di raso rosso scuro; alle finestre, tende color vinaccia e oro e un immenso tappeto persiano ai suoi piedi. Era steso su una dormeuse color borgogna. Davanti a lui una porta in mogano e, accanto alla porta, un etagère con bicchieri di cristallo. Il loro bordo dorato risplendeva, bagnato dalla luce calda e tremula del lume a petrolio.
Un lume a petrolio? E la luce elettrica?
L’occhiata che gettò al lume fu troppo rapida e strappò al giornalista un gemito di dolore. Era strano. Tutta quella stanza era strana: gli sembrava di esser finito dentro uno di quegli sceneggiati in costume che vedeva quando era piccolo.
Una mano, lunga e bianca, gli afferrò la spalla, costringendolo a voltarsi. Era quasi priva di peso, eppure la forza di quella presa era incredibile.
“Non faccia gesti bruschi, signor Blommo. La sua testa ha subìto un duro colpo: Roman, il mio servitore, è stato oltremodo violento. Faccio ammenda per lui.”
Lentamente, Michele si voltò. Un uomo dall’età indefinibile lo stava fissando, seduto su una poltrona di velluto cremisi. Aveva occhi sottili, profondi, talmente scuri da sembrare pozzi senza fondo, con le iridi cerchiate di un rosso brillante; il viso era cesellato, aristocratico, con sottili baffi arricciati sulle punte; i capelli ricadevano lungo la fronte con piccole onde morbide. Labbra sottili e rosse.
Ed era pallido. Incredibilmente pallido.
E chi era quest’altro, Christoper Lee?
“Sangennaruzzo, Beatavergineannunziata e benedette anime purganti abbiate pietà di me… Dove sono finito?” mormorò il giornalista. Tentò di mettersi in piedi ma cadde bocconi sul tappeto e di nuovo, la stessa mano di prima lo aiutò, senza sforzo alcuno, a rimettersi seduto.
L’uomo misterioso sembrò divertito dal suo spavento. I suoi occhi si riempirono di sarcasmo, mentre tornava a sedersi sulla sua poltrona.
“Devo pregarvi, signore, di astenervi da simili invocazioni o peggio, dal compiere gesti rituali che potrebbero infastidirmi. Le conseguenze potrebbero essere assai poco piacevoli per voi. Quanto alla vostra domanda, la risposta è nell’appartamento all’ottavo piano della Vela due, che avete tenuto sotto controllo in maniera tanto maldestra questa notte.”
Michele Blommo respirò, deglutendo con lentezza. Che quell’uomo lì non fosse normale era una certezza: nessuno poteva stare chiuso in una stanza che pareva la ricostruzione dello studio di Sherlock Holmes e soprattutto, nessuno poteva essere così… così.
Eppure doveva sapere. L’istinto del giornalista prese il sopravvento.
Se doveva morire, voleva farlo sul campo, penna in pugno.
“Mi deve scusare, non ce l’abbia a male se glielo chiedo ma lei… chi è?”
L’uomo inclinò la testa, alzando le sopracciglia. “Non mi riconosce? Non ha alcun sospetto?”
Momento di imbarazzo. Blommo pensò di mentire. Chi poteva essere? Un tronista di Maria de Filippi? Uno dell’isola? Grande Fratello? Boh!
“Veramente… no” ammise, alla fine. E arretrò lentamente sulla dormeuse.
L’uomo si alzò, con una smorfia di disgusto stampata sul viso. “Epoca senza memoria, la vostra” considerò a voce alta, scuotendo la testa.
“Tempo fa il mio nome avrebbe fatto tremare il cuore degli uomini. La mia vista avrebbe fatto invocare la collera divina. Ma adesso…” Si fermò al centro della stanza, con un’espressione che a prima vista sembrava rassegnata. Poi tornò sui suoi passi e gli tese la mano.
“Conte Dracula, al secolo Vlad Tepes, l’Impalatore.”
Il giornalista lo fissò a occhi sgranati. Chist’è pazzo… pensò, pazzo come un cavallo. Ciononostante, rispose alla sua stretta. Meglio non contrariarlo, si disse. Gli porse la mano e rabbrividì, quando sentì il contatto con la sua, gelida.
“Michele Blommo, giornalista. Onoratissimo.”
Il Conte si lasciò andare indietro sulla poltrona, continuando a fissare con forza il suo ospite.
“Dalla sua reazione, signor Blommo, desumo che lei non sappia o non si renda bene conto di chi io sia… e di chi siano i miei aiutanti.”
“No, eccellenza, cosa pensa?, Io lo so chi è lei…” cercò di interloquire il giornalista. Ahò! Pensava di avere avanti un idiota illetterato? Va bene accontentare i pazzi, ma passare per un ignorante, questo mai!
L’altro gli scoccò un’occhiata tanto gelida che Blommo istintivamente, si strinse le braccia attorno al corpo.
“La prego di non interrompermi, signore. Dicevo… io e la mia progenie ci spostiamo in giro per l’Europa da quasi due secoli. Dopo gli spiacevoli eventi che hanno portato al mio allontanamento dalla Gran Bretagna, ho dovuto sparire nelle brume della leggenda per alcuni decenni. Le assicuro che soggiornare tra Turchia e Yugoslavia è una delle cose più fastidiose che abbia mai sperimentato: nessuna comodità, mai un pasto decente. Dalla vostra Prima Guerra mondiale, tuttavia, ho ripreso a vagare per la cara, vecchia Europa e ho ripreso le abitudini di vita che mi sono più consone. Ho trovato altri compagni: lei ha conosciuto Helena… lei è la mia prima moglie, dopo la sventurata fine che hanno fatto le altre spose, a opera di quel cacciatore da strapazzo!”
“Van Fensing?” azzardò Blommo.
Mannaggiaammè che non ho sentito Tatiana mentre ripeteva letteratura inglese l’altra sera…
“Van Helsing” rispose l’altro, quasi sputando quel nome. “Un vecchio pavone bavoso con la mania della purezza della razza… ma tant’è, lui è polvere mentre io sono vivo e ho ricostruito la mia stirpe. Io non chiedo che di vivere la mia esistenza assieme alle mie creature. La sua bella città offre nascondigli e risorse insperate: in particolare, Scampia è un vero paradiso per me e i miei giovani compagni. Come avrà notato, ci siamo sistemati bene qui, e non abbiamo intenzione di andarcene tanto presto. Di certo, non tornerò mai più in Transilvania.”
“Certo… capisco…la Turchia non è un bel posto per vivere, fanno saltare in aria la gente…” mormorò Blommo, annuendo.
Il Conte lo fulminò con un’occhiata assassina. Le sue labbra si fecero più sottili.
“Romania” scandì, secco, scuotendo la testa.
“C-come?” balbettò il giornalista.
“La Transilvania è in Romania. Quanto è caduto in basso il vostro livello culturale!” sibilò l’altro, disgustato. Blommo si sentì in imbarazzo come un bambino di otto anni che non conosce la tabellina del due.
Improvvisamente, Dracula si chinò in avanti, gli occhi fissi in quelli del giornalista. Il suo sguardo divenne caldo, liquido come lava e scuro come pece. Tra le labbra balenarono due lunghi, aguzzi canini. Parlò con voce bassa, appena udibile.
“Lei ha visto… o pensa di aver visto qualcosa, laggiù all’Ikea?”
Blommo sentì la paura serrargli la gola. Arretrò sulla dormeuse mentre il suo interlocutore si faceva più vicino. Fu allora che comprese.
Non era un mitomane. Non era un incubo. Non era una messinscena.
Lui era davvero il Conte Dracula. Era davvero un vampiro.
Dracula. A Scampia. C’era abbastanza per uscire pazzi.
Altro che camorra, spacciatori e traffico d’armi…
“Sì…cioè no… io non… ho visto nulla” balbettò Michele, con il respiro spezzato.
Il viso del Conte si allargò in un pigro sorriso sarcastico. Aveva capito che Blommo si era convinto della sua reale identità: sentiva la paura di quell’insulso umano, la vedeva nelle sue iridi dilatate, nelle mani che tremavano, nel pomo d’Adamo che andava su e giù.
“Vede? Si è trattato di uno sciocco malinteso. Noi… io la lascerò tornare tranquillo alla sua dimora, visto che ha compreso quale sia la situazione. I miei… ragazzi amano incontrare i loro amici al parcheggio dell’Ikea, passano lì un po’ di tempo e talvolta, questi amici trascorrono un po’ di giorni con noi. Non c’è nulla di strano in questo, giusto? Sono sicuro che lei non vorrà aver fastidi per questa storia.”
Il giornalista annuì con grande energia, a occhi spalancati. “Giustissimo, eccellenza. Sono… solo ragazzi, no?”
La domanda non ebbe risposta.
Dracula si soffermò a osservare l’uomo terrorizzato. Aveva deciso di lasciarlo andare quando aveva compreso che era solo un poveraccio con una vita patetica, una nullità inoffensiva. Non gli accadeva da tempo di lasciare in vita qualcuno a conoscenza del suo segreto, e ciò che gli avrebbe detto prima di salutarlo, lo avrebbe convinto a tacere in maniera definitiva.
Si alzò in piedi. Era alto, ben fatto: sovrastava Blommo di tutta la testa. Non aveva affatto l’aria di un cadavere, considerò il giornalista, imitandolo. Lo scrutò con diffidenza, quasi temesse di essere accoltellato o peggio.
Tutto questo è pazzesco, si disse Michele in un sussulto di lucidità. Irreale. Sì, era un incubo, non c’erano altre spiegazioni. Non era possibile che certi mostri esistessero e che vivessero alla periferia di Napoli. E che lo lasciassero andare libero, dopo aver scoperto la loro esistenza! Naaaaa… era un incubo. Aveva mangiato troppe porcherie, come diceva Marisa, punto e basta.
Quel pensiero lo consolò. Alzò la testa, baldanzoso e sorrise al vampiro che annuì, soddisfatto. “Bene. Sarà mio piacere ordinare a Roman di accompagnarla alla sua vettura.”
L’incontro era finito.
Michele Blommo si avvicinò alla porta, seguito dal Conte. Lo stava lasciando andare? Non lo avrebbe azzannato? Ma che strano sogno…
Oltre l’uscio c’era un lungo corridoio tappezzato di raso blu scuro dove Roman lo attendeva.
Nelle sue mani, le chiavi della sua Panda. Il sorriso di Blommo si asciugò sul viso, di colpo. Tastò freneticamente le tasche della giacca. No, non c’erano. E neanche il suo portafogli c’era più.
Allora… non era un sogno….
All’improvviso, Dracula sorrise, mettendo in mostra i suoi lucidissimi canini. Tra le mani aveva il portafogli di cuoio, lucido e consunto del giornalista.
“Lei e la sua famiglia abitate in via delle Magnolie al numero dodici, vero?”
Il giornalista si sentì raggelare e si voltò a fissarlo: sapeva il suo indirizzo. Quel mostro sapeva che aveva una famiglia. Non ebbe la forza di rispondere, e annuì, meccanicamente con la bocca secca dalla paura.
Il Conte sorrise, di nuovo. E Blommo sentì la morte addosso.
“Dimentichi quei ragazzi. Se lei mi tradirà, io lo saprò” sussurrò, chinando appena la testa verso di lui. “Faccia in modo che questo sia il nostro unico e ultimo incontro, Blommo. Dimentichi. Tutto.”


Commenti

  1. Stefania! te possinoooooooooooo!
    L'ho letto il racconto ....

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  2. Mi dispiace, ma non mi è piaciuto per niente!
    Ciao
    Morena

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  3. I gusti sono gusti Morena, nessuno ti pu' contestare!!
    Forse dovevo dire che e' un racconto Urban Fantasy? Dico bene Stefania?

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  4. Hai ragione Ross; chiedo scusa!
    Spero di non essere stata offensiva, non era nel mio intento.
    Forse sono io che non sono riuscita ad apprezzare! Premio però l'audacia! Sono curiosa di leggere le opinioni delle altre ragazze.
    Ciao
    Morena

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  5. Ho letto il racconto e da una parte lo promuovo per il modo fluido e scorrevole di scrivere di Stefania ( anche se "sciupafemmine" credo si scriva tutto attacato, ormai è un sostantivo nazionale :) ) dall'altro lo boccio ( si fa per dire eh! ) perchè "Dracula all'Ikea di Scampia", e lo dico da napoletana, poteva essere sviluppato senza tutti quei luoghi comuni sulla mia città. Non dico che non ci sia del vero, anzi, sarebbe chiudere gli occhi alla realtà! Dico solo che Napoli è una città magnifica, a livello storico, culturale, paesaggistico e artistico, e vederla sempre associata alla spazzatura, alla camorra e a Gomorra, persino in un breve e divertente racconto, è un pò triste. Visto che abbiamo una delle università PUBBLICHE più prestigiose d'Europa ( ma nessuno lo sa grazie ai Tg e ai loro servizi monocorde ) magari questi ragazzi/vampiri rumeni potevano essere studenti del progetto Erasmus che si riunivano all'Ikea Scampia...Scusate sò che è una cosa ironica, e non voglio fare quella "pesante", ma, anche se ormai vivo da anni lontano dalla mia amata città, certe cose mi pungono comunque sul vivo e mi intristiscono un pò. Ci sono i problemi e nessuno dice di no, ma ci sono una infinità di cose belle perchè non porre MAI l'accento su quelle?
    Baci a tutte
    Lilli

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  6. @Morena: de gustibus... mi spiace, ovviamente che non ti sia piaciuto ma nn mi sono offesa, tranquilla. :-)
    @Lilli: cara, sfondi una porta aperta. Io vivo a Palermo, una città ricca di tradizioni storiche, monumenti, bellezza e arte. Ma cosa dicono i Tg quando parlano della Sicilia e di Palermo in generale? Mafia, corruzione, spiorcizia, malaffare, degrado...
    Credi che non condivida il tuo sdegno verso il modo in cui i mass media vedono Napoli? E' una città spettacolare, di grande fascino. Dovendo realizzare un racconto dal taglio "satirico" però, ho dovulto e voluto giocare con quelli che sono gli stereotipi legati alla città. NOn è un giudizio di valore, il mio, bada bene. Se così fosse sarei ipocrita, poichè non applicherei questo metro di valutazione anche alla mia città, che è altrettanto degradata.
    Ti assicuro che, se dovessi scrivere un racconto del medesimo tono su Palermo, metterei un personaggio con la coppola e lo stecchino in bocca, lo farei parlare in dialetto stretto, ci infilerei una sparatoria e lo ambienterei allo Zen o a Brancaccio.
    Capisco il tuo malessere, Lilly, credimi...e lo condivido, perchè so quanto è dura lottare contro i pregiudizi, specie se si ama tanto la propria città e le proprie origini. Prendi questo racconto per ciò che è: un racconto di fantasia, non veritiero e volutamente esagerato.
    Ti mando un abbraccio, Stefania

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  7. Per Stefania:
    Ma certo Stefania, l'avevo capito. Diciamo solo che il tuo racconto mi ha dato la possibilità di togliermi un sassolino dalla scarpa, tutto qua. Ho notato che era tutto volutamente caricaturale e ironico. Esattamente come a te, mi fa rabbia un certo tipo di informazione e, credimi, se fossi di Milano, Sondrio o Cuneo e non conoscessi Napoli penso che, a vedere e sentire quello che ogni giorno danno in tv, non ci vorrei, e a ragione, mai mettere piede. Comunque quello che hai appena scritto ( che sei di Palermo e vivi lo stesso tipo di pregiudizio ) ha mutato la mia prospettiva di lettura, riletto in questa chiave è totalmente apprezzabile anche perchè, e a onor del vero l'ho detto anche prima, sulla fluidità della storia non avevo nulla da eccepire nemmeno nel post precedente.
    Un carissimo saluto e complimenti per l'esaustività e gentilezza della replica e sopratutto perchè hai "letto" quello che ho scritto, in bocca al lupo veramente
    Lilli

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  8. @Lilly:-)
    Sai che goduria quando mi sentivo chiedere al nord( poichè sono stata per un periodo "su") se davvero sparavano in mezzo alla strada come si vedeva in televisione e negli sceneggiati della "Piovra"?
    ...no comment...Grazie a te per la risposta! :-)*

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  9. A me piace molto la tua vena umoristica. Non tutti ne sono dotati e secondo me è un dono. I miei complimenti!
    A proposito, posso fare una domandina? Il Wff si svolge tutti gli anni a Matera o c'è la possibilità che si cambi città? La trovo un'iniziativa interessante ma per me è un po' lontanuccio.

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  10. Lily Rose aka Mckayla

    Complimenti Stefania...!!!
    Michele Blommo mi ha fatto morir...dal ridere...ahahahah...!!!!
    Troppo comico....
    Quando il nostro giornalista d'assalto azzarda "Van Fensing" poi, è stato l'apice della comicità per me!

    E poi vogliamo parlare della "pandarella"...hihihi


    Anch'io sono di Napoli e non mi disturba questa "descrizione" della mia città...perchè è appunto una cosa su cui il racconto ci vuol far ridere.
    Purtroppo le cose belle e brutte ci sono dovunque.

    Concludo dicendo che, Stfania, mi piace moltissimo il modo in cui hai caratterizzato il nostro piccolo Blommo...certo alla sua età un'ernia al disco non ci vorrebbe proprio...ahahahahah

    Troopo forte questo Blommo !


    Ciao ^___^ w

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  11. Complimenti Stefania per lo stile...chissà che non diventi una nuova bestseller!!!(Io te lo auguro!).

    Ora passiamo a una cosa MOLTO importante!!!
    Rosssssssssssssssssssssssssssss!
    Io e Angy (e sono certa che anche Stefy si aggregherà a noi!!!) abbiamo un "regalino" per te,
    grazie anche alla collaborazione di Dany che è un genio e ha capito in due parole ciò che volevo dire!!!
    Mi dispiace ragazze soltanto di non avere il "monopolio" del blog per poterlo mettere all'attenzione di tutti!
    Ma non vi preoccupate...
    provvederò...

    GUARDATE QUI:
    http://img27.imageshack.us/img27/4423/rosshallow.jpg

    Vi piace?!

    RispondiElimina
  12. @Ele: certo che mi unisco, e con gioia! :-)))*

    RispondiElimina
  13. Steeeeeefaniaaa...sei grandissima, davvero! Sei stata geniale nell'integrare così bene alcuni tratti di tre generi che non c'entrano un fico secco l'uno con l'altro!!! La vena scherzosa è dosata bene, lo stile fluido e per essere un racconto breve sei riuscita a rendere l'intera situazione!! Davvero i miei "complimentissimi" per la tua arguzia e la tua fantasia...brava brava brava ^-^!!

    un bacione
    Angy

    P.S. Ross beccati questa muahahahaha ^^

    RispondiElimina
  14. Troppo troppo troppo simpatico......
    Dany

    RispondiElimina
  15. Stefi! L'ho letto, e mi è piaciuto. Scorrevole, ben dosato, ironico, divertente. E poi, quel Vlad, me l'hai fatto apparire proprio come un uomo di gran classe. Un signore come solo i napoletani sanno essere.
    Brava!
    Georgette

    RispondiElimina
  16. brava stefania, davvero molto ironico, si legge benessimo...complimenti!!

    p.s. Rosss sei un amore nella fotooo!!!!

    RispondiElimina
  17. Stefania, i miei complimenti, davvero. Viene da pensare leggendo questo delizioso Urban Fantasy formato bonsai e scritto da te, che girando da quelle parti ci si può imbattere nel conte Dracula! Brrr... brava, anche non era un'ambientazione facile come si potrebbe pensare.
    Mariangela Camocardi

    RispondiElimina
  18. Questo racconto è fortissimo! e tu Stefania sei molto brava. La lettura scorre veloce e non annoia,anzi diverte molto. Inoltre il soggetto non era semplicissimo. Comunque con poche parole sei riuscita a creare una storia che sollecita la mente ad immaginare ulteriori sviluppi.
    Oddio, ma sono riuscita a spiegarmi? Non sono una scrittrice e a volte non riesco a mettere sulla carta i miei pensieri. Comunque mi è piaciuto tantissimo, sia per la fantasia che per la stesura.
    Brava. Lucia

    RispondiElimina
  19. brrr!!

    Questo non è decisamente il mio genere... come farò ora con i capelli corti a stare tranquilla?

    A parte gli scherzi brava!

    Va giù che è un piacere... tranne il fatto che per me il napoletano è veramente ostico!!!!

    RispondiElimina
  20. Bravissima Stefania lo abbiamo trovato veramente divertente... soprattutto l'informatore è stato uno spasso leggerlo e poi il suo nome è tutto un programma. Piccola pecca, troviamo che finisca troppo bruscamente, avremmo preferito che finisse con un ritorno a casa di Blommo e con qualche sua elocubrazione... ma così sembra proprio tagliato sul finale.
    Comunque lo troviamo scorrevole e scritto bene. Ancora complimenti...


    Francesca e Vittoria

    RispondiElimina
  21. Bello! Mi è piaciuto!

    Laura

    RispondiElimina
  22. Complimenti Stefania! Veramente scorrevole e divertente!Mi ha fatto morire Salandra che è proprio l'opposto di Lisbeth!

    RispondiElimina
  23. O maronna mia rò carmine.....Blommo è troppo simpatico....anche se è triste ammettere che putroppo la realtà di quelle zone è davvero violenta....al di là dell'amore profondo che io nutro per la mia terra...pensate che in quella parte della città è VIETATO circolare con il casco integrale e la polizia stessa ti ferma e ti consiglia di toglierlo x evitare problemi, perchè da quelle parti solo gli scippatori e gli assassini girano in moto con il viso coperto totalmente...e ho detto tutto....però posso assicurarvi che Napoli non è tutta qui...abbiamo un cuore grande così...e se necessario lo doniamo senza batter ciglio....simm' è core, paisà!!!

    Baci
    Margy78

    RispondiElimina
  24. Esilarante! Ho trovato questo racconto simpatico e grottesco!

    Immaginare Dracula che cammina di notte per le vie di Napoli, ha un che di...inquietante e affascinante!

    Complimenti Stefania!

    Lady Akasha

    RispondiElimina
  25. Questo racconto ha la leggerezza di un frullo d'ali. E' molto più difficile riuscire a far ridere, che a far piangere.
    Bravissima Stefania, ottimo il contenuto, grazioso ma tagliente lo stile. Ma d'altronde, sei o non sei un cavallo di razza? Attendo un altro pezzo!!
    Un abbraccione, Eli

    RispondiElimina
  26. Anche io sono di Napoli....
    il tuo racconto è stato simpaticissimo , molto carino mi ha fatto molto ridere; purtroppo hai anche raccontato un pò la verità e cioè che quelle zone sono da brivido..figurati che un giorno io e mio marito (non ancora sposati)ci trovammo lì perchè sbagliammo strada e ti dico che veramente faceva un pò paura PERO'
    anche lì trovammo delle brave persone che si resero conto che non eravamo del posto e ci indicarono la strada...con gentilezza......
    E'vero noi napletani abbiamo un cuore grande COOOOOOOOOOOOSSSSSSSSSSSSSìììììììììììììì!!!!!!!!!!!!
    Guaglione mie nonostante questi posti che ahimè ci sono in tutte le grandi città, Napoli è meravigliosa, è magica è ricca di storia e di belle persone....
    Provare per credere!!!
    Stefi

    RispondiElimina
  27. Brava Stefania! Mi è piaciuto. Menomale che accade a Scampia!
    Ancora Complimenti
    Ciao Daniela C

    RispondiElimina
  28. Brava Stefania questo Blommo è propio simpatico brava brava brava

    RispondiElimina
  29. Non sono di Napoli ma sono Campana purtroppo anche l'Italia all'estero molti pensano che sia solo mafia, pizza e mandoliono.
    Troppi luoghi comuni.
    Non boccio il tuo racconto, mi piace il tuo stile ironico e scorrevole.

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