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Musica Nuova di Monica Peccolo


   
Carissime amiche, ben trovate!!!! Dopo una piccola pausa estiva eccoci di nuovo qua per il consueto appuntamento con “Nuove penne cercasi”! Non credevate mica che ci saremmo dimenticate di darvi qualcosa di succulento da leggere??? Giammai!!! Le bloggerine sono sempre alla caccia di nuove scrittrici in erba, e a questo proposito vi ricordo di non avere timore a farvi avanti e di inviarci i vostri raccontini, che siamo sempre ben contente di leggere!;) LINK
Passiamo al racconto di oggi, che ci è stato mandato da Monica      Peccolo. Se mi è permesso dirlo, e spero che l’autrice non me ne vorrà, vi consiglio di tenerla d’occhio, perché nei prossimi mesi potrebbe riservarci delle belle sorprese!!! Ma non dico altro, sennò mi uccide!!;)
Ritorniamo al racconto… parliamo di musica… per quante di noi, la musica evoca momenti fondamentali della nostra vita? Un viaggio, un amore, una particolare giornata… insomma la musica fa da colonna sonora della nostra vita.
Può addirittura avere il potere di far incontrare il vero amore?
Scopritelo leggendolo il racconto di Monica!
Come sempre ricordatevi di lasciare il vostro commento e… BUONA LETTURA!!!   

SereJane


Musica nuova di Monica Peccolo


I rintocchi di mezzogiorno erano da poco svaniti in lontananza. Aprì gli occhi, mentre l’archetto scivolava lento sulle corde del vecchio violino.
Sarebbe arrivata tra poco. Lo sapeva.
Le dita scorrevano sui tasti del manico, in posizioni innaturali, dovute ad anni di studio, riuscendo a produrre suoni ammalianti ed evocativi. E la musica e il sole gli riscaldavano il cuore e la pelle.
I turisti si affannavano intorno a lui. Chi in coda per salire sulla torre più famosa del mondo, chi per fare una foto ricordo.
Suonare in quella piazza, gli suscitava ogni volta meraviglia e ispirazione.
Qualcuno lasciò cadere qualche moneta nella custodia aperta ai suoi piedi. Le banconote erano rare ma non gli importava. Viveva di suoni e libertà. E del raro privilegio di fare musica nei luoghi più belli del mondo, come e quando voleva.
Eccola.
Negli ultimi tre giorni l’aveva vista arrivare sempre alla stessa ora. Il leggero spolverino blu, sopra la divisa colorata del vicino ospedale universitario. Sedeva sugli scalini più lontani, tirava fuori un panino e un libro, non necessariamente nello stesso ordine. E trascorreva così quella che doveva essere la sua pausa pranzo. Ogni tanto fermava la lettura e osservava le persone che passavano.
E lui.
Di sicuro aveva apprezzato ciò che suonava. L’aveva vista scandire le melodie con il movimento ritmico del piede, ed anche sorridere nel riconoscere alcune delle arie riprodotte con tanta passione.
E da quando la ragazza arrivava, iniziava con orgoglio a sfoggiare il suo repertorio più bello. Arie tzigane, klezmer, ungheresi. Piene di brio e struggente nostalgia. Così calde e passionali da far sciogliere anche l’ascoltatore più distratto.
Francesca si scostò la lunga frangia dalla fronte e legò di nuovo i capelli castani con il fermaglio. Terminò il panino e sorseggiò la bibita. Con la mano schermò il sole e guardò nella direzione del musicista che da qualche giorno sostava fra la Torre Pendente e il Duomo.
Il suo aspetto trasandato poteva ingannare. In realtà non doveva superare i trent’anni. I capelli neri e ribelli erano raccolti in una coda. Il violino scassato, tenuto insieme con un elastico che girava attorno alla cassa per impedire che si aprisse in due pezzi, diventava pura magia tra le sue mani agili e forti. Una magia che non si stancava mai di ascoltare.
Si alzò, frugò nella tasca e si avvicinò al musicista. Per un breve momento ebbe l’opportunità di osservarlo da vicino. Aveva un naso importante, deciso, su dei lineamenti che sarebbero stati altrimenti troppo eleganti per un uomo. Con un movimento fluido si piegò per depositare una banconota tra i pochi spiccioli finora raccolti.
Lui fermò l’archetto e cercò i suoi occhi.
Le sorrise.
Uno stridore di gomme e il brusio sempre più alto, ruppe quel denso, sospeso, silenzio.
Francesca tornò sulla terra. L’attenzione catturata dalla fuga dei senegalesi abusivi che vendevano le solite cianfrusaglie.
Una pattuglia di vigili stava eseguendo un controllo.
Tornò a rivolgere l’attenzione al violinista, ma lui stava già scappando verso una delle vie d’accesso alla piazza.
″Aspetta!″
Fece un passo nella sua direzione e inciampò nella custodia dello strumento rimasta a terra.
″Aspetta! Ti prego...″
Chiuse in fretta la custodia, la raccolse e cercò di seguirlo ma dopo qualche decina di metri lo perse di vista.
Rimase così. In piedi, in mezzo alla gente che le passava accanto.
Un senso di tristezza e d’inspiegabile vuoto nel cuore.

Per la vigilia di San Ranieri non si poteva perdere lo spettacolo della Luminara.
Francesca amava i Lungarni chiusi al traffico, le facciate dei palazzi storici adornate da migliaia di candele e il gran finale pirotecnico. Le barche illuminate che scivolano lente sulle acque dell’Arno, le davano l’impressione di tornare indietro nel tempo. Le amiche avevano insistito e lei non si era fatta pregare per un apericena in uno dei localini in zona mercato e per una lunga passeggiata in attesa dei fuochi d’artificio.
Almeno si sarebbe distratta dalla pesante giornata lavorativa e dalla sua recente ossessione.
Erano passati due giorni.
La custodia del violino era sempre poggiata in un angolo della sua camera. Aveva vinto il riserbo e vi aveva frugato dentro, nella speranza di trovare qualcosa che le permettesse di restituirla al legittimo proprietario, purtroppo senza grossi risultati. Solo un’incisione al suo interno.
Janos – 1921.
Non aveva idea di cosa significasse. Né di come riconsegnarla al povero musicista, la cui perdita doveva significare molto anche in termini economici.
″Insomma Franci! Che hai? Non hai visto quel tipo come ti guardava? Scommetto che voleva rimorchiarti...″
La sua amica Serena, con il solito buonumore, la riportò alla realtà.
″Dai... finisci il tuo Spritz che ci avviamo al Ponte di Mezzo. Sta per iniziare lo spettacolo. Quest’anno il Comune ha fatto le cose in grande.″
Terminò di bere e prese sottobraccio Serena. Quando arrivarono, l’esibizione era appena iniziata. Riuscirono a prendere dei buoni posti vicino al palco.
Francesca non capì cosa accadde.
Forse furono le note iniziali di “The Prayer”, la sua canzone preferita, o l’attacco che partì da uno struggente violino. Con i brividi che le percorrevano la schiena, alzò lo sguardo.
Lui era lì.
Suonava a occhi chiusi, trasportato dalla sua musica. Affascinante, nel suo elegante smoking.
Lo ascoltò rapita fino al termine della canzone. Non riuscì nemmeno ad applaudire, tanto era bloccata dall’emozione.
Janos s’inchinò. Ringraziò la folla in delirio, soddisfatto della sua esecuzione. Nel suo mondo era considerato uno dei migliori solisti ma, davanti a un pubblico profano, la reazione era sempre temuta e inaspettata.
Poi, davanti a lui, un miracolo.
La ragazza misteriosa.
Fece qualche passo verso la ribalta, prese uno dei fiori dalle composizioni che ornavano il palco e glielo gettò con un sorriso, sotto lo sguardo stupefatto di chi la circondava, facendole segno di raggiungerlo dietro le quinte.
Aveva il tempo di un paio di pezzi, prima di suonare di nuovo. Ringraziò ancora il pubblico e si voltò.
Lei lo aspettava già. Il fiore in mano, i grandi occhi pieni d’incredulità e un sorriso imbarazzato e felice, solo per lui.
Stavolta non lo avrebbero fermato le barriere linguistiche, le distanze, il lavoro, la carriera e la sua timidezza.
Nell’astuccio del violino appartenuto al suo vecchio nonno ungherese, di cui portava con orgoglio il nome, aveva messo anche il suo cuore.
Sperò che lei volesse custodirlo per molto tempo a venire.





 

Commenti

  1. Ehi! Mi hai fatto venire i brividi!

    Però potrebbe anche essere l'arietta fredda che entra dalla finestra...
    :-)

    Senza scherzi: mi è piaciuto. A una prima lettura non ho trovato nulla di importante da criticare.
    Mannaggia...

    RispondiElimina
  2. Ma quanto è carino questo blog appena trovato! Delizioso! Anche io amo scrivere, e anche io scrivo un blog in buona parte in rosa, ma anzichè di libri, parlo di film e di cinematherapy home-made. Molto spesso di genere romantico, come voi. Vi va di venirmi a trovare, iscrivervi e commentare come ho fatto io con voi? E quasi quasi una volta partecipo anche io ad un vostro concorso letterario..
    http://iovedo.blogspot.it

    RispondiElimina
  3. Mi sono sentita trasportare nella mia Pisa, sui gradini dove anch'io ero solita consumare il mio pranzo di studentessa; ho seguito Janos nella sua fuga, indovinando le strade che avrebbe imboccato. E ho rivissuto la Luminara di San Ranieri, come se fossi stata al fianco dei protagonisti. Grazie Monica, per questo piccolo assaggio di poesia.
    Ciao
    Lucilla

    RispondiElimina
  4. Molto bello e delicato, ricco di fascino e... romanticissimo!
    Telenad

    RispondiElimina
  5. Con pochissimi tratti di penna hai dipinto la quintessenza del romanticismo: il violino, i Lungarni illuminati, la rosa gettata dal palco a una fanciulla già rapita dalle note fin dal primo incontro...Sì. Fa veramente sognare, ed è questo noi lettrici vogliamo; e tu sai farlo benissimo! Continua!

    RispondiElimina
  6. Sei bravissima, Monica. Non dico altro, ho un'invasione di formiche... ma per pochi minuti me l'hai fatta dimenticare. :)
    Francy M.

    RispondiElimina
  7. Grazie per tutti i vs emozionanti commenti. Non sapete quanta carica mi danno per continuare :)
    p.s. per le formiche prova con il borotalco invece che l'insetticida, a volte funziona

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  8. Delicato, sensibile, dolce e fresco. Decisamente originale
    E' proprio il tuo stile, Monica. Bravissima!!!!

    RispondiElimina

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